La prima battaglia del proletariato italiano.
Nell’anniversario della Comune di Parigi (18 marzo 1871) pubblichiamo questo ulteriore brano tratto da “Bakunin e l’Internazionale in Italia” di Max Nettlau, che illustra i tempi e i contenuti della rottura fra gli internazionalisti e i mazziniani, premessa della futura costituzione della Federazione Italiana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori (1872)
Quello stesso giorno [il 18 ottobre 1871] o l’indomani Bakunin legge ciò che egli definisce come «la lettera veramente perfida che Mazzini ha testé indirizzata ai rappresentanti degli operai al Congresso di Roma», – Ai rappresentanti gli artigiani nel Congresso di Roma –, e comincia la sua controffensiva. Il 19: Circolare in risposta alla circolare di Mazzini; il 20: Circolare contro Mazzini finita – domani: Considerando –; il 21: Circolare dettata a Emilio [Bellerio]; e così pure il 22; (a sera) mandato prima metà circolare a Paolo [Pezza]. Il 23 e 24 continua a lavorare, il 25 manda a Milano 4 fogli sino al 15 incluso. Il 26: quasi fine della circolare; il 27: sempre epistola agli amici contro Mazzini; il 28: Fine dell’Epistola in tutto 23 fogli, circa 100 pagine mandate a Burbero [Pezza].
Così fu scritta dal 19 al 28 ottobre questa lunga circolare che, già soltanto per l’imminenza del Congresso di Roma del 1° novembre, non poteva esser destinata se non ai compagni intimi; i quali allora esistevano effettivamente in queste sole tre regioni e città, a Milano, a Napoli e in Sicilia. Infatti Pezza mandò il manoscritto a Napoli, dove deve esser rimasto.
Su ciò che se ne fece a Napoli, Cafiero scrive quanto segue ad Engels, in risposta alle sue congratulazioni per l’opusculo clandestino, tratto dal manoscritto di Bakunin, Agli Operai delegati al Congresso di Roma.
«Napoli, 29 novembre 1871.
…Un’altra cosa ancora. Voi vi congratulate per l’indirizzo ai delegati al Congresso di Roma, che trovate un’eccellente produzione ecc… che voi sottoscrivereste in tutte le sue parti. Ma egli è con Bakounine che voi dovreste congratularvi e non con me.
«Alla vigilia del Congresso, indecisi, ci trovavamo un gruppo dei nostri convenuti per decider delle discussioni, quando uno dei nostri amici arriva con uno scritto. Era l’assieme dell’Indirizzo agli Operai di Roma. Alla vigilia del Congresso alla lettura della lettera di Mazzini Bakounine aveva messo insieme quelle idee [e aveva mandato il manoscritto] a un suo amico facendogli osservare la utilità di pubblicarle [quelle idee] prima del congresso.
«Noi traducemmo ed ordinammo quello scritto sotto la forma di un indirizzo, in una notte, e lo facemmo stampare. L’arrivo di quello scritto fece decidere i nostri oppositori e riconoscere l’utilità di andare a Roma; e noi vi andammo ricavandone poi il più splendido guiderdone. Tanto è stato il cammino che la nostra causa ha fatto pel grande impulso che noi a Roma… Tucci ed io eravamo sempre decisi ad andarvi, ma all’idea di farci accompagnare da un indirizzo non eravamo andati. Quello scritto di Bakounine ce la fece venire e noi ne facemmo di esso un indirizzo e andammo…»
(…)
Però a Napoli si è mutato completamente lo scopo immediato della Circulaire, che era un appello di Bakunin alla gioventù socialista italiana perché si desse all’azione rivoluzionaria, e si è preso il principio del manoscritto, l’analisi della lettera veramente straordinaria di Mazzini, per presentarlo, come pubblicazione riservata, ai delegati del Congresso, e quindi proprio alla massa compatta degli stessi Mazziniani. Bakunin ha previsto ciò? Egli dice all’ultima pagina – Œuvres, VI, p. 422: «…Ed oggi stesso, al congresso di Roma, s’egli è possibile e n’è ancor tempo, voi dovreste dare la prima battaglia. Alle proposte di Mazzini voi dovete opporre arditamente le vostre controproposte. Sarete probabilmente in minoranza; ma ciò non vi spaventi, perché questa minoranza, sia ben convinta, compatta, e per ciò stesso rispettabile. Non troverete certo migliore occasione per annunziare il vostro programma all’Italia ed all’Europa…»
Bakunin non era dunque contrario a una partecipazione a quel congresso, ma non ha potuto aspettarsi una delegazione da parte dei rari gruppi che conosceva allora, né ha potuto credere che quelle pagine spedite il 28 da Locarno provocherebbero delle delegazioni per il 1° novembre. Infatti i soli che ci siano andati furono Cafiero, con un mandato di Girgenti, e Tucci, col mandato di Napoli; entrambi erano allora senza nessuna relazione con Bakunin ed avevano incontrata, come narra Cafiero, l’opposizione di altri nella sezione. La Circulaire, entusiasmando con la sua critica incisiva e coi suoi ragionamenti vivaci e persuasivi, ha fatto prevalere l’opinione di Cafiero e Tucci. Cafiero ha potuto aver l’idea di presentare la parte critica, il principio, a tutti i delegati in Roma, in modo che lui e Tucci, benché soltanto in due, arrivassero con una brillante esposizione del contenuto fallace e odioso delle proposte di Mazzini. Il che fu fatto e diede una buona posizione, un rilievo ai due delegati. Lo stampato Agli operai delegati al Congresso di Roma contiene meno d’un quarto della Circulaire delle Œuvres, VI, pp. 313-422, cioè le pagine 313-339 riga 6 soltanto. E vi si è aggiunta una pagina, p. 14 riga 14 – p. 15 riga 13, che deve esprimere le idee e la tattica come erano concepite in quel tempo da Cafiero, – o da lui e da Tucci che allora gli era vicino; si troverà questa pagina al cap. XVIII. Ci sono delle attenuazioni nel testo di Napoli; e si trova a p. 5 un brano che ha lo stile di Bakunin e che manca nel testo della Circulaire quale noi lo conosciamo (p. 320). Insomma, evidentemente il lavoro di Bakunin ha sofferto, giacché un quarto veniva presentato come se fosse il totale, ma gli argomenti di queste pagine restano pienamente efficaci. Egli non avrebbe parlato degli affari russi del 1863 da conoscitore diretto in un documento firmato Un gruppo d’Internazionali, ciò che rivelò ai più ciechi che lo stampato era stato scritto da lui e permise a Mazzini di dire di questa pubblicazione «stampata alla macchia» da «alcuni Internazionali», che costoro: «si riducono a un solo a me noto» (v. Roma del Popolo).
La circolare Ai miei amici d’Italia in occasione, del Congresso operaio convocato a Roma pel 1° novembre 1871 dal Partito Mazziniano contiene davvero quanto di meglio aveva da dire Bakunin ai giovani italiani; che gli sembrarono allora, almeno in buona parte, veramente desiderosi di farla finita col nazionalismo statale e borghese, e di consacrare quello stesso entusiasmo che li aveva fatti seguire Mazzini e Garibaldi, alla causa del socialismo rivoluzionario internazionale. Suggerisce a loro naturalmente quel metodo d’azione che egli stesso praticava sin dal 1864, facendoli persuasi dell’utilità d’un tal sistema, per poi dir loro – ma non in questo manoscritto – che una simile organizzazione esisteva, che altri pensavano come loro, e che essi non dovevano far altro che unirsi a quelli.
«…Isolati, operando ciascuno a propria testa, voi sarete certamente impotenti; uniti, organizzando le vostre forze, per quanto esse siano scarse in sul principio, in una sola azione collettiva, ispirata dal medesimo pensiero, dal medesimo scopo, dalla medesima posizione, voi sarete invincibili.
«Tre uomini soltanto così uniti, formano già, secondo me, un serio principio di potenza. Or che sarà quando giungerete ad organizzarvi nel vostro paese al numero di alcune centinaia? Ed alcune centinaia di giovani intelligenti, energici, devoti, capaci di convertirsi alle nostre idee, e di amare e volere con seria passione ciò che voi amate e volete, si troveranno certamente in Italia…
«Alcune centinaia di giovani di buona volontà non bastano certamente per creare una potenza rivoluzionaria fuori del popolo… Basteranno però per organizzare la potenza rivoluzionaria del popolo…
«Divisi per gruppi regionali, voi comincerete per mezzo delle organizzazioni regionali e locali a stendere sempre più vastamente le vostre file nel popolo…» (pp. 418-421).
«…In nome del socialismo rivoluzionario, organizzate il proletariato delle città, ciò facendo, unitelo nella stessa organizzazione preparatoria col popolo delle campagne. La sollevazione del proletariato delle città non basta più; con esso non si avrebbe che una rivoluzione politica, la quale avrebbe necessariamente contro di sè la reazione naturale legittima del popolo delle campagne, e questa reazione, o l’indifferenza soltanto dei contadini soffocherebbe la rivoluzione delle città, come è avvenuto ultimamente in Francia [con l’isolamento della Comune]. Solo la rivoluzione universale è abbastanza forte per rovesciare, per spezzare la potenza organizzata dello Stato, sostenuta con tutti i mezzi dalle classi ricche. Ma la rivoluzione universale è la rivoluzione sociale, è la rivoluzione simultanea del popolo delle campagne e delle città. Ecco ciò che bisogna organizzare, poichè senza organizzazione preparatoria gli elementi più potenti sono impotenti e nulli.
«Di questa organizzazione parleremo altra volta.
«L’internazionale ve ne dà le basi; allargatela in tutta Italia; ed il resto verrà da sé…» (pp. 402-3).
«…Ed è oggi, cari amici, vostro dovere l’organizzare una propaganda intelligente, onesta, simpatica e sopratutto perseverante per farlo loro comprendere [cioè: alla massa degli operai mazziniani e garibaldini, i quali, «immaginandosi di esser tali, e lo sono, alcuni per immaginazione, altri per abitudine, ma in realtà non sono nè possono essere che rivoluzionari socialisti»]. Per ottener ciò non avrete bisogno d’altro che esplicar loro il programma dell’Internazionale, facendo loro toccar con mano quello che esso dice. E se voi, per ciò fare, vi organizzerete in tutta Italia e il farete armonicamente, fraternamente, senza riconoscere altro capo che la vostra giovane collettività, io vi giuro che a capo di un anno non vi saranno più operai mazziniani o garibaldini; ché tutti saranno diventati socialisti rivoluzionari, patriotti senza dubbio, ma nel senso più umano di questa parola, patriotti cioè ed internazionali ad un tempo. Voi avrete così creato la base incrollabile di una prossima rivoluzione sociale» (p. 394).
«…Sì, questa gioventù deve avere oggi il coraggio di riconoscere e di proclamare altamente la sua piena e definitiva separazione dalla politica, dalla cospirazione e dalle intraprese repubblicane di Mazzini sotto pena di vedersi annientata e di condannarsi all’inerzia e ad una vergognosa impotenza. Ella deve inaugurare la sua politica.
«Quale può essere questa politica? Al di fuori del sistema Mazziniano, quello cioè della Repubblica-Stato, non ve n’è che una sola, quella cioè della Repubblica-Comune, della Repubblica-Federazione, della Repubblica socialista e francamente popolare, quella dell’Anarchia. È densa la politica della rivoluzione sociale, che mette capo all’abolizione dello Stato, ed all’ordinamento economico e pienamente libero del popolo, ordinamento dal basso all’alto per via della federazione…» (p. 351).